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Yone – La famiglia (genitori, antenati)

  • Maria Isabel Gomes de Matos
  • 14 de fev.
  • 10 min de leitura

Atualizado: 4 de mar.

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Giacinto Luigi Passaia, padre di Yone, nacque in data 22 luglio 1871 a Trevenzuolo, Verona, Italia. Arrivò in Brasile all’età di 17 anni, accompagnando suo padre, Carlo Passaia (all’epoca vedovo, di 54 anni), suoi fratelli Elisa (11 anni) e Ângelo (24 anni), che portarono con sé la moglie, Virgínia (17 anni). Giacinto morì il 25 luglio 1925, quando Yone aveva solo 11 anni.


Secondo la descrizione data da Yone e dagli altri fratelli, Giacinto era un uomo alto ed elegante, quasi sempre in giacca e cravatta, con occhi molto azzurri, una voce calma. Era un lavoratore instancabile e un ottimo uomo d’affari. Sebbene severo ed esigente, come lo erano all’epoca i genitori, Yone ricordava che gli piaceva radunare i bambini attorno a sé la sera, dopo cena, per parlare dell’Italia e dei suoi splendidi paesaggi, per ricordare i parenti lontani, per descrivere le gioiose riunioni di famiglia alla domenica, soprattutto d’inverno, con la neve, e anche per raccontare il viaggio epico intrapreso – la famiglia che si avventura attraverso il mare verso terre e popoli sconosciuti.


Uno degli episodi più toccanti, narrato da Giacinto alla figlia più giovane, Yone, riferendo-se a quando lasciò l’Italia per il Brasile, riguardava il “filo di lana”. Nei porti d’imbarco italiani, in quel periodo di grande emigrazione, era consuetudine che molti passeggeri tenessero in mano il capo di un filo di lana, mentre un parente sulla banchina teneva l’altro capo. Quando la nave salpava, il filo si allungava fino a rompersi. Era un simbolo di speranza di ricongiungimento: ogni persona avrebbe conservato il filo di lana fino a quando non si sarebbero potuti riunire di nuovo. Giacinto disse di aver conservato il suo filo di lana finché non fu certo di non poter più rivedere i suoi amati parenti: né lui sarebbe tornato in Italia, né loro sarebbero venuti in Brasile.


I Passaglia


I genitori di Giacinto (nonni paterni di Yone) erano Carlo Passaia e Luísa Perobelli Passaia. Carlo e Luisa si sposarono a Trevenzuolo, Verona, Italia, in data 28 febbraio 1857, dove si stabilirono e crebbero la loro famiglia.


Carlo, a 54 anni, inconsolabile per la perdita della sua sposa e insoddisfatto della crisi economica e sociale in cui era imersa la sua amata patria, ha preso la decisione di “fare l’America”, in cerca di migliori opportunità, soprattutto per i suoi figli. Così la famiglia vendette tutto ciò che possedeva e se ne andò.


Viaggiarono sul piroscafo Fortunata R. Arrivarono a Santos (SP) in data 24 ottobre 1888. (Archivio pubblico dello Stato di San Paolo, libro 014, pagina 108, famiglia 732.)


Si può immaginare la saga. Quei piroscafi, privi di strutture per i passeggeri e di assistenza medica, impiegavano circa 40 giorni o più per attraversare l’oceano. Giacinto raccontò ai suoi figli questa avventura che si rivelò poi un successo. Raccontò della nave scomoda, con il suo fischietto rauco, che risvegliava l’emozione che era nel cuore, ma anche scritta sui volti di tutti – una tristezza rassegnata, dovuta all’emigrazione, che in fondo significa separazione. Gli italiani, così attaccati alle loro famiglie e alla loro terra, stavano abandonando le loro radici. Ma Giacinto sottolineava anche che il mare era calmo, diffondeva un’aria fresca e diafana, come se insistesse nel portare buoni auspici – una brezza che era simbolo di speranza per il futuro, da costruire nel paese che con i suoi ampi orizzonti li avrebbe accolti.


I punti di sbarco erano a Rio de Janeiro o Santos. I porti brasiliani dell’epoca, in particolare Santos, erano molto precari, sporchi, disorganizzati e spesso afflitti da epidemie; quindi, la prima impressione per chi vi arrivava non fu affatto piacevole.


Dal porto di Santos, dove arrivavano i Passaia, i nuovi arrivati ​​venivano imbarcati su un treno per San Paolo, dove venivano inviati a Hospedaria dos Imigrantes.


Gli stranieri ricevevano poi documenti brasiliani, che li identificavano come immigrati, per poter proseguire verso l’entroterra del paese. Sembra che fu in quel momento della loro avventura che i Passaia diventarono Passaglia.


Il cognome della famiglia era Passaia. Tuttavia, le autorità brasiliane cambiarono il loro cognome per Passaglia. Inoltre, hanno cambiato la grafia del nome di Giacinto per Jacyntho, eliminando il suo secondo nome: Luigi. Le autorità sostenevano che i nomi stranieri dovevano essere adattati alla lingua portoghese e alla grafia nota ai dipendenti, i quali, autoritari e forse poco preparati al compito, apportavano le modifiche senza troppi criteri, a loro discrezione. Pertanto, la famiglia, che aveva bisogno della documentazione, non ha avuto altra alternativa che accettare l’imposizione.


Gli italiani arrivarono per lavorare, determinati a impegnarsi duramente per raggiungere uma vita dignitosa e prospera. La promessa che avevano fatto era che il Brasile sarebbe stato um paese di opportunità per tutti coloro che fossero disposti a lavorare sodo.


Coloro che arrivavano con i sussidi del governo brasiliano avevano già una destinazione definita: la zona rurale. A coloro che arrivarono con risorse proprie vennero mostrati possibili lavori, la maggior parte dei quali erano nelle aziende agricole, che avevano urgente bisogno di contadini.


Inizialmente, Carlo e la sua famiglia pensarono di diventare coloni. Sebbene in Italia non lavorassero come contadini, sapevano come coltivare l’uva in modo molto efficiente. Ma, dopo aver affrontato il clima brasiliano e aver conosciuto le aziende agricole di San Paolo, che coltivavano in gran parte caffè, hanno preso un’altra decisione. Grazie alle loro riserve finanziarie, scelsero di dedicarsi al commercio e si stabilirono nella città di Pedreira, nell’entroterra dello Stato di San Paolo.


Carlo prosperò presto, perché grazie alle sue capacità di commerciante riuscì a dare risalto ai prodotti d’importazione, gestendo la sua attività come un piccolo negozio di rivendita. La “nostalgia dei sapori di casa” avvertita dagli italiani in quel periodo di grande immigrazione era proverbiale. Ciò generò una domanda continua di prodotti originari dell’Europa: tra gli altri, vini e oli d’oliva.


La famiglia Passaia (Passaglia) si adattò rapidamente alla piccola cittadina e si appassionò subito al Brasile. Tuttavia, non hanno mai smesso di coltivare il loro amore per l’Italia, mantenendo le tradizioni ed i costumi dei loro antenati, che sono stati tramandati alle generazioni successive.


Giacinto si trovava già da tempo in Brasile quando una nuova famiglia italiana arrivò in città. E fu alla messa della domenica che vide per la prima volta Izabel Poppi.


Secolo XIX. A quei tempi, la prima cosa che un giovane educato doveva fare quando si innamorava di una ragazza era non cercare di fissarla troppo apertamente. Uno sguardo insistente avrebbe poi compromesso la situazione agli occhi attenti del padre della ragazza.


Nonostante queste precauzioni, dal primo discreto scambio di sguardi tra Giacinto e Izabel, ebbe inizio una bellissima storia d’amore, sotto la benedizione angelica.


Sfortunatamente Izabel rimase vedova in giovanissima età, ma anche quando era molto anziana ricordava com affetto di Giacinto, concludendo sempre i suoi ricordi con un breve sospiro: “il migliore dei mariti!”.


I Poppi


La madre di Yone, Izabel Poppi, nacque a Bagnolo San Vito, Provincia di Mantova, Italia, in data 15 marzo 1876, e morì il 17 giugno 1966.


I genitori di Izabel (nonni materni di Yone) erano Francesco Poppi e Carolina Zavanella Poppi. Carolina aveva un soprannome di famiglia: Aldegonda.


Francesco e Carolina si sposarono e si stabilirono. Ma ben presto una profonda crisi economica e sociale colpì la regione, rendendo la vita molto difficile a tutti gli italiani.


In breve, questa è la situazione in quel momento. Per quasi 50 anni l’Italia è stata sotto il dominio dell’Austria, che ha diviso il Paese in piccoli stati. L’unificazione avvenne solo nel 1861, dopo intensi combattimenti, decenni di guerre sanguinose, che portarono morte e distruzione.


La tanto attesa proclamazione del Regno d’Italia avvenne quindi in una situazione tutt’altro che favorevole: disordini sociali, una crisi economica senza precedenti, con un fattore aggravante – la difficoltà di integrazione, poiché la maggior parte degli italiani parlava dialetti regionali e non conosceva l’italiano. Inoltre, c’era la promessa della distribuzione di terre e risorse. Tuttavia, il re appena insediato non realizzò questo desiderio.


Così, subito dopo l’unificazione, emerse un movimento di resistenza, chiamato “banditismo”. Nel caos economico e sociale che regnava, mentre la fame dilagava in diverse regioni, si unirono gruppi di ribelli formati da banditi, soldati degli eserciti locali sconfitti e contadinelli ingannati dai malfattori. Questi gruppi armati cominciarono a derubare, distruggere e bruciare villaggi in tutta Italia. Il banditismo scomparve dopo il 1870, ma lasciò dietro di sé una scia ancora più grande di povertà e insicurezza. Fu in questo contesto che iniziò il grande periodo dell’emigrazione. Contadini, artigiani e piccoli commercianti, frustrati dall’integrazione del Paese, persero la speranza di migliorare la propria vita nella loro terra. Iniziò l’emigrazione verso i paesi vicini, che poi si trasformò nella grande evasione transoceanica.



Già prima del 1876, amici e parenti di Francesco Poppi avevano già lasciato l’Europa e inviavano buone notizie dal nuovo continente. Anche Francesco, animato da questo spirito avventuroso, decise di “raggiungere l’America”, alla ricerca di un futuro promettente per la sua famiglia. Ma la sua destinazione iniziale non era il Brasile. Scelsero l’Argentina, dove a quel tempo si stavano trasferendo anche le famiglie dei vicini che, come loro, avevano bambini piccoli.


Francesco, i suoi genitori, la moglie ed i suoi figli (Izabel e Luigi, gemelli, allora di due mesi), liberatisi di tutto ciò che possedevano, si misero in viaggio. Dopo un lungo viaggio, la famiglia si stabilì a Buenos Aires, dove si adattarono presto.


Francesco si dedicò con grande impegno al settore in cui era specializzato – la panificazione e la pasticceria, prosperando rapidamente e consentendo alla sua famiglia di vivere una vita piena. Oltre a Izabel e Luigi, gli altri figli erano: Maria, Carolina, Ângela, Hugo e Rosita.


Il tempo passò, tutto andò bene, il lavoro fu ricompensato e non ci furono grandi contrattempi per i Poppi in Argentina. Tuttavia, i parenti di Francesco, che vivevano nell’entroterra di San Paolo, scrissero elogiando il Brasile, paragonando il nostro paese a un paradiso terrestre e dimostrando di sentire molto la mancanza di loro famiglia. Loro hanno insistito per trasferirsi in Brasile. La famiglia – il bene più grande degli italiani! Così Francesco, esaudendo il desiderio dei suoi genitori, prese una decisione: si imbarcarono in questa nuova avventura. Poi partì per il Brasile con i suoi genitori, la moglie ed i figli singoli. Si stabilirono quindi a Pedreira (SP), unendosi alla loro famiglia.


Francesco però non si adattò al Brasile. Non gli piaceva il clima e non si abituò alla vita nella piccola città nell’entroterra del paese. Si può immaginare la difficoltà di adattamento, visto che aveva lasciato Buenos Aires, una capitale in stile europeo, ben strutturata, con crescenti opportunità per il suo tipo di commercio, con buone scuole per i suoi figli. Così, dopo un po’ di tempo trascorso nel nostro Paese, Francesco ha deciso di tornare con la sua famiglia in Argentina.


A quel tempo, le sorelle Maria e Izabel, due ragazze molto belle, avevano già dei corteggiatori appassionati. Francesco approvò i suoi futuri generi, anch’essi immigrati italiani, ma lasciò alle figlie la scelta: se sposarsi, restare in Brasile, o tornare con il resto della famiglia a Buenos Aires. Una decisione difficile per le ragazze, una volta che erano molto legate ai nonni, ai genitori e ai fratelli.


Ma l’amore parlava più forte. Maria Poppi sposò Dante Sartini. E, in data 19 novembre 1892, Izabel Poppi, allora sedicenne, sposò Jacyntho Passaglia (Giacinto Luigi Passaia).


Izabel non vide mai più i suoi nonni, i suoi genitori oppure i suoi fratelli, che partirono per l’Argentina poco dopo il loro matrimonio. Da quel momento in poi tutte le comunicazioni com

loro avvennero tramite lettere, che impiegarono molti mesi per giungere a destinazione. Izabel parlava della tenerezza di sua madre e dell’affetto dei suoi nonni. Conosceva a memoria molte delle storie che le raccontavano da bambina, sicuramente racconti della tradizione italiana, che lei, mantenendo la consuetudine, amava raccontare ai nipoti.


Secondo Izabel, Francesco era un uomo vibrante e indimenticabile. Tenore, aveva una voce eccellente e amava cantare opere in famiglia. Tutta la famiglia aveva il dono della musica. Luigi era un violinista. Rosita divenne una rinomata arpista e sposò il direttore d’orchestra e pianista spagnolo Santiago Alonso. Santiago e Luigi fondarono a Buenos Aires un conservatorio, “Alonso & Poppi”, che divenne molto famoso, ma Luigi morì giovane. Carolina, Ângela e Hugo hanno formato famiglie strutturate e consolidate in Argentina.


Nonostante la mancanza della famiglia, le due piccole italiane, Maria e Izabel, erano felici nei loro matrimoni e amavano immensamente il Brasile.


Un’aggiunta: gli italiani sono arrivati ​​in Brasile in cerca di una vita migliore per la própria famiglia, contando sulla voglia indistruttibile di dedicarsi al duro lavoro. Non si risparmiarono il sacrificio del lavoro e, con spirito d’iniziativa, cercando sempre di evolversi, divennero ben presto proprietari di terre proprie, piccoli industriali, oppure cercarono di specializzarsi, iniziando nuove carriere, come quella del giornalista, ad esempio.


Molti divennero commercianti e industriali di grandi dimensioni. Nel 1907 a San Paolo c’erano già 56 industrie con cognomi italiani. Anche se cominciarono in modo umile, a volte aprendo una piccola fabbrica di pasta, salumi o altri prodotti nella loro stessa casa, il lavoro diede i suoi frutti e portò molti di loro a diventare imprenditori di fama nazionale, le cui industrie di successo durano ancora oggi. Il noto industriale Matarazzo è un esempio concreto, perché non ebbe un inizio diverso. Arrivato in Brasile con la moglie ed i due figli, inizialmente lavorò come venditore ambulante. Qualche tempo dopo aprì una “bottega”, poi una fabbrica di strutto, dedicandosi gradualmente ad altre attività, fino a diventare un’icona nazionale, avendo contribuito in modo significativo ed indiscutibile allo sviluppo industriale del Paese.


Un altro esempio emblematico è quello di Giuseppe Martinelli. Emigrò in Brasile nel 1893, sbarcando al porto di Santos. Ha iniziato come macellaio a San Paolo. Autodidatta, con duro lavoro e impegno. a poco a poco, ha costruito una delle più grandi fortune del Brasile, essendo stato um uomo d'affari di grande sucesso nei settori dell'edilizia e della navigazione. il famoso Palazzo Martinelli, da lui costruito, fu il primo grattacielo di San Paolo.


In effetti, gli storici dimostrano che gli immigrati italiani hanno avuto un ruolo di primo piano nel processo di industrializzazione di San Paolo, sulla base di dati concreti su questa realtà.


Nel 1962, Luiz Carlos Bresser Pereira (https://eaesp.fgv.br/sites/eaesp.fgv.br/files/pesquisa- eaesp-files/arquivos/bresser_-_empresarios_suas_origens_e_as_interpretacoes_do_brasil_.pdf) ha condotto una ricerca scientifica sulle origini etniche delle 204 industrie di San Paolo, le cui fabbriche impiegavano più di 100 dipendenti. Di questi imprenditori, l’84,30% è di origine straniera, la maggior parte dei quali di origine italiana. Pertanto, contrariamente a quanto veniva ideologicamente insegnato nelle scuole, la stragrande maggioranza degli imprenditori industriali non proveniva da famiglie oligarchiche legate al caffè, bensì da famiglie di immigrati della classe media, soprattutto nele famiglie italiane.


Considerato questo, si può dedurre che, se Francesco fosse rimasto un po’ più a lungo in Brasile, trasferendosi ad esempio nella capitale di San Paolo, avrebbe potuto adattarsi al nostro Paese, raggiungendo la stessa prosperità che ha trovato in Argentina.

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